GENOVA 2004 Capitale Europea della Cultura
 
IL VIAGGIO DI FABRIZIO DE ANDRE'

di PINO PETRUZZELLI e LUIGI VIVA
interpretato da PINO PETRUZZELLI e MAURO PIROVANO
regia PINO PETRUZZELLI

La vita di Faber
 
"Come tanti cresciuti con le sue canzoni, io in De André trovo sempre qualcosa che sarà utile nel viaggio della mia vita. Senza punti di arrivo e sempre con nuove partenze". Così Pino Petruzzelli spiega il titolo e la struttura dello spettacolo. Un viaggio con 11 partenze specifica il sottotitolo. Mescolando continuamente biografia e produzione artistica, Petruzzelli e Pirovano raccontano la vita e l'opera di Fabrizio De André. Ne evocano l'infanzia a Revignano d'Asti e poi la scoperta della poesia e della chitarra (ben presto sostituita allo studio del violino). Ricordano gli incontri fondamentali di una formazione umana e culturale: il poeta Riccardo Mannerini ("da lui ho imparato a pensare"), l'opera dell'anarchico Max Stirner ("il suo è una specie di elogio della solitudine"), l'amato Georges Brassens ("per me è come leggere Socrate: ti insegna come comportarsi"). Parlano dei suoi rapporti con i carruggi di Genova, i Vangeli apocrifi, il sequestro in Sardegna, la politica e la morte.
Il tutto cadenzato dalle puntuali citazioni dei testi fondamentali di un lungo viaggio nel mondo della canzone, da "Senza orario, senza bandiera" sino a "Anime salve".

 

Storie di nobili perdenti
 
C'è un filo trasparente che lega i personaggi di alcune sue canzoni con gli incontri della sua formazione. Una formazione che è durata una vita. Princesa, gli zingari, Piero, Bocca di Rosa non sono punti di arrivo, ma di partenza: ognuno di loro ti rimanda ad altri nobili perdenti che viaggiano "in direzione ostinata e contraria", per dirla con lo scrittore Alvaro Mutis, suo grande estimatore. "I testi di De André - sottolinea Petruzzelli - puoi leggerli anche senza la musica e senza la voce dell'autore, perchè sono veri e umani. Puoi leggerli perchè sono immediati e diretti. Perchè quando li leggi, li capisci e senti che sono intrisi di un senso alto della cultura popolare. L'uso del dialetto non è la voglia, un po' nostalgica, di ascoltare una lingua ormai poco frequentata. Il dialetto di Fabrizio De Andrè è quello di cui parlava Pier Paolo Pasolini: è popolo, è autenticità."
 

Rigore e libertà
 
"Di Fabrizio De André mi piace ricordare la sua intelligenza, la sua consapevolezza. Era un uomo ricco di una coscienza profonda dei valori, molto al di là dei confini specifici del suo impervio mestiere. In lui c'era un'umanità diversa e sempre una grande dignità. Fabrizio non si sdava mai, era un uomo incapace di vendersi, di buttarsi via. I suoi testi erano sempre molto controllati. Mai che ci fosse il minimo sospetto di mercanzia. E questo lo rendeva unico, differente da tutti. Al di là di tutto, c'era il lato umano di Fabrizio, la qualità rara della sua persona. Quel suo senso assoluto di libertà interiore e innanzitutto del rigore. Un rigore che ha segnato la sua storia politica, fatta appunto di rigore e di libertà. Fabrizio De André è riuscito a non essere mai succube delle regole del mercato e non ha mai rinunciato a quel prezioso e raro ingrediente comune a tutti i liguri che amo, per esempio Sanguineti e Calvino: l'ironia".
Luciano Berio

 

RASSEGNA STAMPA
 

"I due artisti si sono alternati a raccontarci la storia di Fabrizio De André in una convincente fusione di biografia e poesia fatta affiorare con delicatezza e sensibilità, in un’atmosfera rispettosa di un ricordo che è diventato nostalgia per le decine e decine di persone presenti che si sono raccolte intorno al palco. Persone di ogni età, commosse e silenziose ma pronte ad esplodere in applausi caldi e sentiti…"

( Atonia Dalpiaz – L’Adige )

"… coautore, regista e interprete è Pino Petruzzelli anche lui instancabile come ‘chi viaggia in direzione ostinata e contraria’, sempre bravo nella scelta e nell’esecuzione di ritratti brevi di vite difficili.
… splendida la gag realizzata da Pirovano, spalla muta, e Petruzzelli, rivestito da guardia carceraria, nella riproposta in versi del ‘don Raffaé’.
Uno spettacolo che rievochi De André senza la sua musica può spiacere o acquistare la forza di un manifesto per un’arte totale."

( Margherita Rubino - La Repubblica )

"Non ci sono dubbi di fronte alla scena di ‘don Raffaé’: è tragicommedia, è poesia, è politica.
In questo spettacolo ‘Preghiera in gennaio’, ‘La guerra di Piero’, così come la parte finale, regalano momenti di autentica emozione e non fanno rimpiangere la musica "

( Silvana Zanovello – Il Secolo XIX )

"Basato sulla ricerca biografica e su un’attenta  scelta di versi ed episodi, lo spettacolo ci offre emozioni con la recitazione in versi e la drammatizzazione della ballata di Don Raffaé.
La bravura degli interpreti rende superfluo l’intervento  delle note, ‘il viaggio’ è davvero coinvolgente.
… una rappresentazione rigorosa e scevra di banalità."

( Etta Cascini - Sipario )

"… in modo sobrio ed elegante, i due attori, in punta di piedi, hanno accompagnato il folto ed eterogeneo pubblico alle radici di una formazione umana e culturale, illustrandone le tappe principali come fossero tutte partenze, punti di appoggio per un progetto più grande, quasi una vocazione, quella di amplificare la voce degli ultimi senza mai giudicare.
La recitazione di molti frammenti tratti dai testi delle canzoni di De André ha accompagnato costantemente tutto lo spettacolo quasi a voler evidenziare la profonda comunione tra la sua filosofia di vita e la sua produzione artistica.
Il pubblico ha applaudito con calore."

( Corriere Mercantile )

"In sala anche Dori Grezzi, visibilmente commossa, che ha apprezzato molto lo spettacolo. “In alcuni momenti, però, ho trattenuto a stento le lacrime”, ha confessato al termine agli amici che le si sono stretti intorno.
Giudizio condiviso anche dal pubblico, anche da chi avrebbe voluto ascoltare qualche canzone.
La scelta di Pino Petruzzelli e Mauro Pirovano di limitarsi alla lettura in chiave drammaturgica dei testi è stata vincente.
Applausi prolungati del pubblico."

( ANSA )

"… grazie alle loro capacità interpretative (Petruzzelli e Pirovano) abbiamo assistito alla dimostrazione empirica per cui certi testi di canzoni si reggono benissimo in piedi anche senza la stampella musicale.
I picchi più alti sono stati toccati nella recitazione scenica di ‘Sidun’ (un Pirovano da pelle d’oca) e nella drammatizzazione  di ‘don Raffaé’, recitata da un Petruzzelli assai ispirato, bravissimo nel cogliere l’essenza tragica di Pasquale Cafiero, trasfigurata grottescamente nell’originale."

( Riccardo Storti – www.supereva.it )

ESTRATTO DAL TESTO
 
"Non avrai altro Dio all'infuori di me"
 
"Spesso mi ha fatto pensare
genti diverse venute dal'est
dicevan che in fondo era uguale
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male."
 
"Non nominare il nome di Dio
non nominarlo invano"
 
"Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore
Ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero lo nominai invano".
 
"Non devi rubare"
 
"E forse io l'ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato
Ma io, senza legge, rubai in nome mio
quegli altri nel nome di Dio"
 
Il settimo dice: "Non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno"
 
Il settimo dice: "Non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno!"
 
Guardala oggi, questa legge di Dio...
Guardala oggi, questa legge di Dio...
Guardala oggi, questa legge di Dio...
 
( silenzio )